San Nicola Tavelić
San Nicola Tavelić nacque probabilmente tra il 1340 e il 1350 a Sebenico. Non si conosce molto della sua infanzia e adolescenza, e neppure di che cosa abbia influenzato la sua giovane anima per spingere Nicola a entrare nell'ordine francescano.
Proprio quando finì gli studi, il beato Bartolo di Alverna, che allora dirigeva la comunità francescana di Bosnia (vicaria), convinto da papa Gregorio XI, scelse sessanta buoni e istruiti religiosi affinché diffondessero il Vangelo di Cristo in Bosnia.
Questa chiamata a recarsi nella terra dove qualche tempo prima governavano i compaesani di Tavelić, forse anche suoi parenti, i potenti Šubić, sicuramente attrasse Nicola. Ed egli partì per la Bosnia.
La popolazione della Bosnia era rappresentata soprattutto dai cosiddetti “bogomili”. Nicola vi trascorse dodici anni. Visse in essa la gioia delle conversioni e la tristezza degli insuccessi. Le difficoltà non furono di piccola entità. Il clima aspro e i luoghi inaccessibili erano solo un'ombra rispetto all'asprezza della vita e dell'inaccessibilità difficile al cuore dell’uomo.
Sebbene la Bosnia fosse una terra di missione, nell’ordine francescano le missioni tra i pericolosi saraceni venivano senza dubbio considerate tra le più difficili. Tra tutti gli infedeli, la regola francescana nomina solamente i saraceni. Lo stesso san Francesco di Assisi si recò in Terrasanta per convertirli. Non deve quindi meravigliare se anche Nicola attendesse questa occasione che gli si offrì solo in quel momento.
Giunto a Gerusalemme, Nicola non si accontentò solamente del confessare i pellegrini e gli ancora più rari fedeli che vivevano a Gerusalemme. Egli desiderava attirare a Cristo anche quelli che non lo conoscevano. Per questo motivo si era recato in Bosnia, e dalla Bosnia era andato in Palestina.
Dopo avere meditato a lungo, e avere discusso con i fratelli sulla predicazione ai saraceni, sulla pericolosità di una tale impresa e sulla giustezza dell’esporre la propria vita al martirio, avendo in mente quella parola di San Paolo «Guai a me se non predicassi», Nicola giunse alla conclusione che per lui «vivere è Cristo e la morte è guadagno».
Accompagnato dal suo fedele confratello e amico fra Deodato di Ruticinio, con il quale già in Bosnia aveva condiviso le difficoltà e le gioie della vita, insieme ad altri due confratelli, Nicola decise di compiere un passo deciso: predicare pubblicamente Cristo. Ritenendo che avrebbero guadagnato a sé i saraceni più facilmente se avessero convinto il loro capo, il Cadì, seguendo l’esempio del fondatore dell’ordine francescano, essi si rivolsero a lui.
Tuttavia, così come la parola di Francesco era rimasta senza successo, lo stesso fu per i suoi figli spirituali. L’unica differenza fu che Francesco, dopo il suo insuccesso, poté andarsene in pace, mentre questi quattro frati furono condannati a morte e sottoposti a torture in oscuri sotterranei e legati a pesanti catene.
Così Nicola ottenne la corona del martirio, e in questo modo divenne immagine del proprio popolo, che nei secoli successivi avrebbe vissuto il martirio per la propria fede, calpestato e massacrato, impalato sul palo, bruciato nella fiamma del fuoco del proprio focolare, soffocato nel proprio sangue fino a quando di esso non rimase il “reliquiae reliquiarum”, la Croazia “piangente”, “secca come una verga”, piccola e oppressa.
Nicola fu beatificato nel 1889 e canonizzato il 21 giugno 1970, diventando così il primo santo croato.
Proprio quando finì gli studi, il beato Bartolo di Alverna, che allora dirigeva la comunità francescana di Bosnia (vicaria), convinto da papa Gregorio XI, scelse sessanta buoni e istruiti religiosi affinché diffondessero il Vangelo di Cristo in Bosnia.
Questa chiamata a recarsi nella terra dove qualche tempo prima governavano i compaesani di Tavelić, forse anche suoi parenti, i potenti Šubić, sicuramente attrasse Nicola. Ed egli partì per la Bosnia.
La popolazione della Bosnia era rappresentata soprattutto dai cosiddetti “bogomili”. Nicola vi trascorse dodici anni. Visse in essa la gioia delle conversioni e la tristezza degli insuccessi. Le difficoltà non furono di piccola entità. Il clima aspro e i luoghi inaccessibili erano solo un'ombra rispetto all'asprezza della vita e dell'inaccessibilità difficile al cuore dell’uomo.
Sebbene la Bosnia fosse una terra di missione, nell’ordine francescano le missioni tra i pericolosi saraceni venivano senza dubbio considerate tra le più difficili. Tra tutti gli infedeli, la regola francescana nomina solamente i saraceni. Lo stesso san Francesco di Assisi si recò in Terrasanta per convertirli. Non deve quindi meravigliare se anche Nicola attendesse questa occasione che gli si offrì solo in quel momento.
Giunto a Gerusalemme, Nicola non si accontentò solamente del confessare i pellegrini e gli ancora più rari fedeli che vivevano a Gerusalemme. Egli desiderava attirare a Cristo anche quelli che non lo conoscevano. Per questo motivo si era recato in Bosnia, e dalla Bosnia era andato in Palestina.
Dopo avere meditato a lungo, e avere discusso con i fratelli sulla predicazione ai saraceni, sulla pericolosità di una tale impresa e sulla giustezza dell’esporre la propria vita al martirio, avendo in mente quella parola di San Paolo «Guai a me se non predicassi», Nicola giunse alla conclusione che per lui «vivere è Cristo e la morte è guadagno».
Accompagnato dal suo fedele confratello e amico fra Deodato di Ruticinio, con il quale già in Bosnia aveva condiviso le difficoltà e le gioie della vita, insieme ad altri due confratelli, Nicola decise di compiere un passo deciso: predicare pubblicamente Cristo. Ritenendo che avrebbero guadagnato a sé i saraceni più facilmente se avessero convinto il loro capo, il Cadì, seguendo l’esempio del fondatore dell’ordine francescano, essi si rivolsero a lui.
Tuttavia, così come la parola di Francesco era rimasta senza successo, lo stesso fu per i suoi figli spirituali. L’unica differenza fu che Francesco, dopo il suo insuccesso, poté andarsene in pace, mentre questi quattro frati furono condannati a morte e sottoposti a torture in oscuri sotterranei e legati a pesanti catene.
Così Nicola ottenne la corona del martirio, e in questo modo divenne immagine del proprio popolo, che nei secoli successivi avrebbe vissuto il martirio per la propria fede, calpestato e massacrato, impalato sul palo, bruciato nella fiamma del fuoco del proprio focolare, soffocato nel proprio sangue fino a quando di esso non rimase il “reliquiae reliquiarum”, la Croazia “piangente”, “secca come una verga”, piccola e oppressa.
Nicola fu beatificato nel 1889 e canonizzato il 21 giugno 1970, diventando così il primo santo croato.