Miroslav Bulešić nacque il 13 maggio 1920 in Istria nel villaggio di Zaborni (Čabrunići), parrocchia di Sanvincenti (Svetvinčenat). I suoi genitori erano Miho e Lucija nata Butković. Fu battezzato il 23 maggio nella chiesa parrocchiale di Roveria (Juršići).
Da fanciullo, Miroslav imparò le prime preghiere e le prime nozioni di fede cristiana dal libro di preghiera Oče, budi volja tvoja (Padre, sia fatta la tua volontà), che il vescovo Juraj Dobrila compose per i fedeli croati delľ Istria nel XIX secolo. Frequentò la scuola elementare di Roveria, dove aveva come insegnante di religione il sacerdote Ivan Pavić, molto stimato per il suo zelo.
STUDENTE A ROMA
Lo studente di teologia Bulešić rimase a Roma dall'autunno 1939 fino all'estate 1943. Il primo anno fu alunno del Collegio francese, mentre trascorse gli altri tre anni nel Seminario Lombardo. Studiava filosofia e teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Per il mantenimento di Bulešić a Roma s'interessò anche l'arcivescovo di Zagabria, poi creato cardinale, il beato Alojzije Stepinac: lo conferma una lettera di p. Sakač del gennaio 1940. Bulešić ringraziò per l'aiuto l'arcivescovo Stepinac con una lettera del febbraio dello stesso anno 1940.
A Roma, centro del cristianesimo e patria di tanti martiri dei primi secoli, Bulešić raggiunse la maturità spirituale e intellettuale. Il giorno dell'Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, nel 1942, egli partecipò personalmente, nella basilica di San Pietro, alla consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria fatta dal Papa.
All'inizio della primavera del 1943, invitato dal proprio vescovo di Parenzo e Pola, lo studente di teologia Bulešić fece ritorno in Istria per ricevere l'ordinazione sacerdotale.
L’ORDINAZIONE SACERDOTALE E LA PRIMA MESSA
Miroslav Bulešić venne ordinato sacerdote l'11 aprile 1943 nella chiesa parrocchiale di Sanvincenti. Riguardo a questo avvenimento, egli annotò nel suo diario: «Mia madre, mio padre e i miei fratelli piangevano, e avevano ragione di piangere: il loro figlio moriva, cessava di appartenere a loro e cominciava a essere proprietà di Dio».
Due settimane dopo, nella propria parrocchia, egli celebrava la Prima Messa di sacerdote novello. Come motto per la sua vita sacerdotale, scelse le parole del Padre nostro «Venga il Tuo regno! Sia fatta la Tua volontà!».
PARROCO A BADERNA
Nell' autunno 1943 Bulešić viene nominato parroco di Baderna. In questa parrocchia, nei due anni seguenti si dedica con grande impegno al ministero pastorale e, nello stesso tempo, s'interessa con grande coraggio e senza risparmio di coloro che nell'infuriare della guerra erano maggiormente esposti. Nel maggio 1944 scrive al rev. Ivan Pavić: «Tra il popolo afflitto e sanguinante noi dobbiamo essere come il buon Samaritano: consolare, curare, sollevare, fasciare ogni ferita...». Nel territorio di Parenzo, come in tutta l'Istria, operavano allora tre eserciti: quello partigiano, quello fascista e quello tedesco.
In tutto questo tempo pieno di odio il rev. Bulešić manifestò un vero amore per la propria Patria, tuttavia senza compromettere l'universalità e la coerenza del sacerdote cattolico, vedendo in ogni uomo, qualunque fosse la sua divisa militare, l'immagine di Dio, come egli stesso si esprime:«Io sono un sacerdote cattolico, e impartirò i santi sacramenti a tutti coloro che me li richiederanno: che siano croati, tedeschi o Italiani». A causa di questo suo atteggiamento deciso e coerente, Bulešić viene minacciato da varie parti, ed egli, nella primavera del 1944, in un'annotazione nel suo diario personale, si rivolgeva cosi a Dio: «Se vuoi che venga a Te, ecco mi pronto. Ti offro tutta la mia vita per il mio gregge. Confidando nelle Tua grazia e se Tu me ne renderai degno, non temo il martirio, anzi lo desidero ardentemente. Sia fatta la Tua volontà». Poi, come se avesse il presentimento che anche il suo sacrificio avrebbe potuto essere interpretato in modo errato, egli stesso spiega per che cosa è disposto a sacrificare la vita: «Desidero morire soltanto per la gloria di Dio e per la salvezza dell'anima mia e delle anime dei miei fedeli».
Ai suoi nemici e persecutori invia questo messaggio: «La mia vendetta sarà il perdono». Mentre le accuse e le calunnie diventavano sempre più frequenti, Bulešić, il giorno di Natale del 1944, nell'omelia dice apertamente ai propri parrocchiani: «Non ho paura di nulla perche so di fare in tutto il mio dovere, e sono tranquillo di fronte a Dio e di fronte agli uomini. Sappiate che io conserverò sempre la mia fede e la mia onestà, che non tradirò per nessuna cosa al mondo; senza paura dirò a ciascuno quello che è giusto. Mi atterrò sempre a questi principi che sono i principi di Cristo. La sua strada sarà anche la mia strada». Alla fine della guerra Bulešić si trovava a Baderna, ma già nell'autunno del 1945 viene nominato parroco di Canfanaro.
PARROCO A CANFANARO
Pieno di zelo e con instancabile impegno, Miroslav Bulešić cercava di far progredire spiritualmente la propria nuova parrocchia insegnando regolarmente il catechismo nella scuola, con le conferenze per le varie categorie, riunioni per la gioventù, propagando la devozione verso il Cuore di Gesù e di Maria, organizzando la missione e con altre iniziative, superando tenacemente i tranelli dell'ateismo militante. Annunziando il Vangelo, egli, contemporaneamente, manifestava il proprio amore per i poveri e bisognosi di aiuto.
Nel giugno 1946 scriveva cosi nel libro degli ‘Avvisi parrocchiali’: «Da me può venire chiunque, senza alcun riguardo, per tutto ciò che sapete che potrei aiutarvi. Il povero non abbia paura di varcare la mia soglia. Fino a che io avrò qualche cosa l'avrà anche lui. Io ho sempre amato i poveri, li amo e li amerò e li aiuterò secondo le mie possibilità». Che non si trattasse soltanto di belle parole lo conferma il seguente fatto.
Nell' autunno 1946 a Canfanaro venne nella casa parrocchiale un povero vecchio col vestito a stracci e la mano paralizzata. La mamma di Bulešić gli offrì qualche cosa da mangiare. Frattanto venne dalla chiesa, col breviario in mano, il parroco Bulešić e vedendo la camicia stracciata del povero, lo fermò nel cortile e mandò la mamma a prendere per lui una delle sue due camice.
Opponendosi alla perniciosa glorificazione del partito comunista e alla divinizzazione programmata del ‘capo della rivoluzione’, Bulešić, il Venerdì Santo del 1946 proclama coraggiosamente dal pulpito della chiesa parrocchiale: «Gesù Cristo crocifisso e il nostro Dio ed il nostro Re. La Chiesa è la nostra Madre. La fede e la salvezza delle nostre anime, la nostra più grande ricchezza, una cosa sacra».
Sebbene fosse estremamente esigente, specialmente nelle questioni riguardanti la fede e la morale, Bulešić era stimato dai fedeli che lo ascoltavano volentieri.
Questo, naturalmente, non piaceva alle autorità comuniste. Perciò anche a Canfanaro iniziano le minacce. Avendo saputo di queste minacce, uno dei suoi parenti, preoccupato, cercava di convincerlo a rifugiarsi in Italia, ma Bulešić gli rispose: «In Italia ci sono sacerdoti a sufficienza. Bisogna rimanere qui». Il parente replica: «E se qui ti uccidono?» «Se mi uccidono, mi uccideranno per Dio e per la fede», rispose Bulešić. Miroslav Bulešić rimase per poco tempo a Canfanaro. All'inizio dell'anno scolastico 1946/47 viene nominato vicerettore e professore nel Seminario Vescovile di Pisino.
SUPERIORE IN SEMINARIO E SEGRETARIO DELL’ASSOCIAZIONE SACERDOTALE
Nel Seminario di Pisino Bulešić si dedica con serietà, coscienza ed entusiasmo all'educazione delle prime generazioni di seminaristi. Nello stesso tempo, come segretario dell'Associazione sacerdotale di San Paolo, s’impegna con coraggio e tenacia per difendere la liberta della religione e dell'attività della Chiesa nel nuovo stato comunista. Inoltre, nell' Associazione sacerdotale fa tutto il possibile per proteggere specialmente i sacerdoti più giovani dalle insidie del comunismo e preservare la stessa Associazione dalle subdole manipolazioni delle autorità di allora.
A tale fine egli impegnò tutta la sua riputazione, la sua cultura e la sua esperienza, testimoniando anzitutto col proprio esempio: fedeltà ai principi cristiani, coraggio e coerenza. Considerando la situazione nella quale si trovava la Chiesa istriana e il suo clero, che venivano sottoposti ogni giorno di più all'oppressione comunista, mentre il vescovo di Parenzo e Pola Radossi abbandonava l'Istria, il vescovo di Trieste e Capodistria Santin veniva apertamente minacciato, mentre l'arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac era in prigione a Lepoglava, Bulešić, nel suo intimo si preparava per il martirio.
Ce lo testimonia il suo confratello, allora economo nel Seminario di Pisino, poi arcivescovo di Fiume, mons. Josip Pavlišić, il 23 agosto 1997 nella chiesa di Lanischie disse: «Tre mesi prima della sua morte, gli ultimi giorni della primavera del 1947, Miro Bulešić mi parlava del martirio bianco e del martirio rosso. Egli si preparava già al martirio». Parlando ai seminaristi, come egli stesso annotava nel suo diario, in quei stessi giorni, diceva: «Essere sacerdote vuol dire essere martire».
All'inizio del mese di marzo 1947 il vicerettore Bulešić fece rimettere al suo posto, con canti e preghiere di tutto il Seminario, il grande crocifisso che un gruppo di ‘giovani progressisti’ aveva sacrilegamente rimosso dall'atrio del Seminario vescovile. Verso la fine del mese di giugno 1947, rivolgendosi a Dio, annotava nel suo diario: «Io desidero, se questa e la Tua volontà, quanto prima venire da Te». I suoi avversari certamente tenevano d'occhio il sacerdote, ancora giovane, ma stimato e inflessibile, e attendevano il loro momento opportuno.
MARTIRE PER LA FEDE
Nel mese di agosto 1947 Miroslav Bulešić, vicerettore del Seminario di Pisino e segretario dell'Associazione sacerdotale di San Paolo, accompagna il delegato della Santa Sede mons. Jakob Ukmar per l'impartizione della cresima a Pinguente e nelle parrocchie circostanti. «In quei giorni quando andavo da una parrocchia all'altra per la cresima, egli mi aiutava volentieri. Dove si sospettava che ci sarebbe stato pericolo, egli andava avanti per controllare il terreno» cosi si esprime mons. Ukmar nei riguardi del suo accompagnatore, rev. Bulešić, in una lettera inviata a mons. Mario Pavat a Roma il 5 settembre 1954.
Quando, sabato 23 agosto 1947 i comunisti, infuriati, irruppero nella chiesa parrocchiale di Pinguente per impedire la cresima, Bulešić si mise davanti al tabernacolo per difendere il ss. Sacramento. «Di qui potrete passare soltanto sul mio cadavere» disse, col volto pallido, ma con voce chiara e decisa, stando sulla predella dell'altare, rivolto alle persone che avevano invaso il presbiterio. Il giorno prima di andare a Lanischie, all’apprendere delle gravi minacce da parte dei comunisti, a una persona che gli aveva chiesto se avesse paura di andarvi, Miroslav Bulešić rispose: «Una volta sola si muore». E si avvio a dare la propria testimonianza a Cristo e alla sua Chiesa, in obbedienza alla Santa Sede, che nell'estate 1947 era rappresentata nell'Istria dal noto sacerdote di nazionalità slovena mons. Jakob Ukmar.
La cresima si celebrò a Lanischie domenica 24 agosto 1947, festa di san Bartolomeo apostolo. Riguardo al martirio di Miroslav Bulešić, mons. Ukmar, nella sua relazione ufficiale inviata alla Curia Vescovile di Trieste il 12 novembre 1947, si esprimeva cosi: «Terminata la cresima in chiesa e la messa che celebrò il rev. Miroslav Bulešić, ci avviammo nella casa parrocchiale. Dopo un quarto d'ora, quando furono cresimati anche quelli che erano venuti più tardi - erano circa le undici - gli aggressori entrarono nella casa e uccisero con un coltello il rev. Bulešić che si trovava vicino alla porta.
Io di persona uscii dall'ufficio parrocchiale nell'atrio e lo vidi che giaceva morto, per terra, fra i malfattori che avevano occupato la casa; mi ritirai nella camera da letto, dove, poco dopo, fui gravemente malmenato e rimasi a giacere sul pavimento nel proprio sangue. Pensando che fossi morto, mi lasciarono cercando il parroco, ma non lo trovarono perche si era nascosto. Rimasi svenuto per venti ore...». La morte di Bulešić fu provocata da alcune trafitture di coltello alla gola ed il suo sangue macchiò il muro dell'atrio dell'ufficio parrocchiale. Secondo le dichiarazioni di testimoni oculari, Bulešić, sentendosi morire, disse: «O Gesù, accogli l'anima mia!».
Le autorità di allora non permisero che questo coraggioso testimone della fede venisse seppellito nella sua parrocchia nativa di Sanvincenti, ma imposero che si seppellisse a Lanischie. Appena nel 1958 fu possibile trasportare i suoi resti mortali nella parrocchia natale, dove furono deposti presso l'entrata principale della chiesa di s. Vincenzo martire, nel cimitero; da qui nel 2003 vennero trasportati nella chiesa parrocchiale, dove si trovano tuttora. Nella diocesi di Parenzo e Pola si e svolto (1998-2004) il processo informativo diocesano sulla vita ed il martirio di Miroslav Bulešić e gli atti del processo sono stati consegnati nel 2004 alla Congregazione per le Cause dei Santi a Roma.
BEATO
Con un comunicato del 12 febbraio 2013, la Segreteria di Stato della Santa Sede ha reso noto che il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso lo svolgimento del rito di beatificazione del Servo di Dio Miroslav Bulešić in data sabato 28 settembre 2013 nella diocesi di Parenzo-Pola. Inviato del Santo Padre alla cerimonia di beatificazione nell'arena di Pola e' Sua Eminenza il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi.